Più lunga la prosecuzione del rapporto oltre il termine, ma con obbligo di comunicazione preventiva. Più breve l’intervallo per la riassunzione a termine, ma occorre il placet dei sindacati. Sono i nuovi principi fissati dalla riforma Fornero a freno dell’uso dei contratti a tempo determinato. Non solo: dal prossimo anno, inoltre le imprese dovranno pagare la flessibilità del termine al contratto di lavoro con un contributo aggiuntivo dell’1,4%.
La stretta Fornero sulle riassunzione a termine. La disciplina sul lavoro a termine vieta, da sempre, la riassunzione a termine di uno stesso lavoratore. In altre parole, prevede alcuni condizionamenti alla possibilità che lo stesso lavoratore, una volta chiuso con la stessa azienda un rapporto di lavoro a termine, ne possa subito instaurare un altro (sempre a termine). Infatti, la legittimità della riassunzione è condizionata alla discontinuità, tra il primo e il secondo rapporto a termine, da realizzarsi mediante il decorso di un predeterminato intervallo di tempo: in mancanza di tale discontinuità il secondo contratto a termine viene ritenuto ex legge a tempo indeterminato.
Tale intervallo è stato pari, fino al 17 luglio, a 10 giorni nel caso di durata del primo contratto a termine fino a 6 mesi e a 20 giorni in quelli di durata superiore. La legge n. 92/2012 (la riforma Fornero) ha allungato i termini rispettivamente a 60 e 90 giorni, a partire dal 18 luglio 2012, stabilendo tuttavia che, nell’ambito di particolari processi produttivi, i contratti collettivi possono prevedere, stabilendo le condizioni, la riduzione di tali intervalli di tempo fino a 20 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi e fino a 30 giorni in caso di contratti di durata superiore ai 6 mesi, con previsione di un intervento sostitutivo da parte del ministero del lavoro in caso di inoperosità della contrattazione collettiva a stabilire le predette condizioni di riduzione degli intervalli, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma Fornero.
Successivamente è intervenuta la legge n.134/2012 ad ammorbidire la stretta Fornero sulle condizioni di riassunzione. Ha stabilito, infatti, che la riassunzione a termine in attività stagionali e in ogni altra ipotesi prevista dai contratti collettivi stipulati a ogni livello da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, deve ritenersi lecita qualora il secondo rapporto venga instaurato dopo 20 (e non 60) giorni in caso di primo contratto a termine fino a 6 mesi e dopo 30 (e non 90) giorni in caso di contratto di durata superiore a 6 mesi.
La stretta Fornero sulla prosecuzione oltre il termine. La disciplina sul lavoro a termine condiziona da sempre la prosecuzione del rapporto oltre la scadenza originaria. Infatti, viene consentita entro prefissati limiti temporali, con la sanzione della conversione dal rapporto a tempo indeterminato quando tali limiti vengono superati. La riforma Fornero ha allungato questi limiti e introdotto, inoltre, un vincolo procedurale, con decorrenza dal 18 luglio 2012. In particolare ha previsto che il rapporto possa continuare oltre la scadenza del termine originariamente fissato o successivamente prorogato, con l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere al lavoratore una maggiorazione retributiva del 20% fino al decimo giorno successivo e del 40% per ogni ulteriore giorno. Inoltre ha previsto che la prosecuzione sia possibile, senza rischio della conversione del rapporto a tempo indeterminato, per un massimo di 30 giorni dopo la scadenza del termine nei contratti fino a 6 mesi e per un massimo di 50 giorni nei contratti di durata superiore a 6 mesi.
Infine mentre prima non era previsto alcun adempimento formale da eseguire per la prosecuzione del rapporto oltre il termine originario, la riforma Fornero ha invece introdotto l’obbligo della Co preventiva, cioè da trasmettere entro la scadenza del termine originario del contratto , con la specificazione peraltro della durata della prosecuzione.
Fonte: ItaliaOggi 19/11/2012