La tassa occulta è ormai un classico in Italia. Tutte le società che chiuderanno i conti in rosso a fine 2012 per il terzo anno di fila saranno considerate dal Fisco società di comodo. Il fatto che ci sia la crisi da ormai quattro anni, che la pressione fiscale aumenti in modo inversamente proporzionale alle possibilità di gettito per lo Stato non significa nulla. Se da tre anni perdi e ci rimetti di tasca tua, sei comunque potenzialmente un «furbetto». Da tassare. Ne consegue che spetta al contribuente l'onere di dimostrare di non esserlo. In caso contrario l'amministrazione dell'Erario considererà l'azienda di comodo, applicando una aliquota Ires al 38% e limitando di colpo le possibilità di dedurre una serie di voci di costo e di spese. Se non si vuole finire in questa lista nera, bisogna già da ora e fino al 31 marzo 2013 procedere con un interpello da mandare all'Agenzia delle Entrate. Bisogna dimostrare come i beni vengono utilizzati dai soci o dal titolare, incaricando il proprio commercialista o uno esperto con maggiore specializzazione (dipende dall'entità dell'interpello) di procedere con l'operazione. Che ovviamente ha un costo. Nell'ipotesi meno pesante e per le aziende più piccole si parla comunque di 500 euro di aggravio Ires. Per il resto si sale fino a qualche migliaio di euro. Ipotizzando inoltre che l'interpello fili liscio e l'amministrazione fiscale non trovi nulla da obiettare, come sempre più spesso accade. Tutto per certificare che la propria azienda è davvero in perdita e non si è dei furbetti. Ovviamente, i veri furbetti, non si preoccuperanno minimamente di fare interpelli. Potranno accettare l'aliquota maggiorata e le limitazioni sulla deducibilità almeno finchè non chiuderanno i battenti per riaprire sotto altri nomi e spoglie.
Senza contare che la platea su cui ricadrà la nuova mazzata è molto estesa. Tra il 2009 e il 2011 circa
100mila aziende avevano chiuso in rosso per il terzo anno di fila. Nel 2012, con il peggioramento del quadro internazionale e l'ulteriore frenata del mercato interno le cose sono andate perfino peggio. A fine anno, stando al sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi condotto dalla Banca d'Italia tra settembre e ottobre, in Italia una impresa su tre chiuderà in rosso e avrà tagliato la propria forza lavoro. Tra gli altri risultati Bankitalia ha osservato anche che il saldo tra le imprese che indicano un incremento della domanda di prestiti e quante ne segnalano una riduzione si è ridotto rispetto alla scorsa primavera, delineando un rallentamento della domanda di credito. Nel dettaglio, il 50,3% delle società prefigura un risultato di esercizio in utile per il 2012, ad anticipare una perdita sono il 30,2% degli operatori, in crescita rispetto al 23,6% dell'indagine 2011. Le imprese che riportano un esercizio in perdita sono più diffuse nel terziario e in particolare nel settore degli alberghi e ristoranti, mentre risultano meno frequenti nel settore energetico. A parte l'agricoltura, l'incidenza più alta delle perdite, secondo uno studio di Infocamere, si trova tra le società immobiliari e quelle operanti nella ristorazione e della ricettività alberghiera. In tutti e tre questi settori, un bilancio su quattro non vede profitti per lo meno dal 2008. Parallelamente, invece, ci sono le società che si occupano di informatica e comunicazione, quelle attive nella sanità e nell'assistenza sociale e quelle che svolgono servizi professionali, scientifici e tecnici: qui la percentuale di realtà in rosso «sistematico» scende intorno al 15%.
Fonte: Libero - Ed. nazionale 13/11/2012